I RELATORI

sono tra i principali studiosi del Merisi, provenienti da ogni parte del mondo, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’Olanda, da Israele, dal Canada e dalla Colombia a dimostrazione della caratura internazionale dell’iniziativa e dall’enorme interesse che Caravaggio continua a suscitare.

 

 SYBILLE EBERT SCHIFFERER Direttrice emerita della Bibliotheca Hertziana, Istituto Max Planck per la storia dell‘arte, Roma 

Direttrice emerita della Bibliotheca Hertziana, Istituto Max Planck per la storia dell‘arte. Nata ad Amburgo, ha studiato storia dell’arte, musicologia, storia del teatro e filosofia alle università di Monaco di Baviera e Berlino (Technische Universität), con una borsa di studio per Roma nell’anno 1976/77. Ha ottenuto la laurea nel 1982 e il dottorato nel 1985 con una tesi sul significato politico della decorazione scultorea e pittorica del Palazzo dei Conservatori intorno al 1500.  Dopo una collaborazione a progetto al museo di scultura Liebieghaus di Francoforte come assistente per una mostra sui bronzetti rinascimentali italiani, ha diretto il reparto mostre alla sede espositiva Schirn Kunsthalle nella stessa città, realizzandovi mostre sul barocco italiano come “Guido Reni e l’Europa” (nel 1988). Dopo una carriera museale, dal 1998 come direttrice generale (Soprintendente) dei musei statali d’arte della Sassonia, fu chiamata come direttrice alla Bibliotheca Hertziana nel 2001. È professore onorario della Technische Universität di Dresda, Cavaliere Ufficiale dell’O.M.R.I. e insignita della Croce Federale al Merito su nastro, nonché membro onorario di o corrispondente di varie accademie.  Tra le sue pubblicazioni, la monografia su Caravaggio (1a ed. 2009) ha conosciuto quattro edizioni in tedesco ed è stata tradotta in inglese e francese; nel marzo 2021 è uscito un suo tascabile sul Merisi nella serie “Wissen” (Sapere) dell’editore C.H. Beck.

Caravaggio e l’intelligenza della pittura

3. GIORNATA: SESSIONE MATTUTINA: Cultura e committenza – venerdì 21 gennaio 2022 ore 10:00-13:00

ABSTRACT

Dalle insinuazioni del suo nemico e biografo Giovanni Baglione fino al film di Derek Jarman e parecchi cosiddetti film documentari, Caravaggio è avvolto di un filone nero che lo vorrebbe al di fuori della tradizione e della pratica pittorica, modellando fino a oggi la sua immagine presso il grande pubblico: emarginato, incapace di dipingere senza il modello davanti agli occhi, irriverente verso la tradizione artistica, senza disegno e quindi senza capacità concettuale mentale, perciò anti-intellettuale. Questa proiezione sottostava, volontariamente o no, anche a tante interpretazioni delle sue opere da parte della critica. In anni più recenti però, un numero crescente di specialisti del Merisi concordano nell’assegnare al pittore un calcolatissimo procedimento compositivo. Infatti, la mole di lavoro analitico e iconografico svolto sulle sue opere negli ultimi decenni non poteva non rivelare l’intelligenza delle sue invenzioni. L’intervento non vuole pretendere che Caravaggio sia stato un intellettuale – non ne sappiamo niente -, ma intende dimostrare, attraverso l’analisi di opere esemplari come il S. Giovanni Battista dei Musei Capitolini o la Cattura di Cristo di Dublino che disponeva di una straordinaria intelligenza pittorica, intesa come capacità di elaborare concetti attraverso immagini, siano esse memorizzate, trasformate o volutamente autoreferenziali nel sistema artistico. Non di rado le sue opere contengono dichiarazioni sulle capacità dell’arte pittorica, elementi di metapittura (métapeinture, Victor Stoichita, 1993) che testimoniano di quanto egli riflettesse la sua propria arte. Ne sono prova anche i frequenti riferimenti paragonali (per esempio a Leonardo o Michelangelo Buonarroti).  Una tale complessità richiede idealmente la comprensione da parte di almeno alcuni destinatari, e anche la “comprensione di un’opera” è una delle definizioni di “intelligenza”. Più Caravaggio è vicino a una rete di intenditori d’arte e dilettanti colti (sostanzialmente a Roma), più le sue composizioni sono sofisticate, mirando a intrattenere con questo pubblico (quale un Vincenzo Giustiniani o un Giulio Mancini) una “concordanza d’intenti” (altra definizione di intelligenza) non priva di complicità. Ciò non esclude, naturalmente, che le sue opere non abbiano anche un livello di comprensione immediatamente accessibile a tutti.