I RELATORI

sono tra i principali studiosi del Merisi, provenienti da ogni parte del mondo, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’Olanda, da Israele, dal Canada e dalla Colombia a dimostrazione della caratura internazionale dell’iniziativa e dall’enorme interesse che Caravaggio continua a suscitare.

 

FABIO SCALETTI Scrittore e critico d’arte, è esperto di Caravaggio, Milano 

Scrittore e critico d’arte, è esperto di Caravaggio, del quale ha pubblicato il Catalogo ragionato delle opere autografe, attribuite e controverse (2 volumi, Napoli, 2017). Sul Merisi ha scritto anche Caravaggio. Il pittore della luce (Torino, 2020). È autore di una serie di libri sui grandi maestri del Rinascimento, tradotti in diverse lingue: Leonardo 500 (Bologna, 2019), Raffaello 500 (Bologna, 2020) e Michelangelo (Bologna, 2021). Con Claudio Strinati ha scritto Caravaggio Vero (Reggio Emilia, 2014) e Il Rinascimento nei Musei Italiani (Bologna, 2017). Ha in corso di preparazione una monografia sul Tintoretto.

Caravaggio. La questione attributiva

5. GIORNATA: SESSIONE MATTUTINA: Itinerari diversi- venerdì 28 gennaio 2022 ore 10:00 – 13:00

ABSTRACT

Caravaggio: la questione attributiva

 

All’interno degli studi sul Caravaggio non si è ancora sopito l’acceso confronto tra “restrizionisti” ed “espansionisti”, i primi accusando gli antagonisti di accettare indistintamente ogni proposta di autenticità, confidando nello stile, e i secondi imputando alla controparte di rifiutare ogni attribuzione per partito preso, solo perché non ha la raccomandazione delle fonti. Gli uni sono succubi delle testimonianze scritte, gli altri dell’occhio.

Per dare un’impostazione di massima e nel contempo una proposta di soluzione al problema dell’attribuzione di un quadro a Michelangelo Merisi, si potrebbe dire che senza il sostegno dello stile un “Caravaggio” è sospetto, senza quello delle fonti è improbabile, senza quello della scienza è impossibile. Spogliando tale formula della veste in negativo ed esplicitandola in positivo, si potrebbe dire che un “Caravaggio” seduce se ha l’appoggio dello stile, convince se ha anche quello delle fonti, ed è sicuro se si aggiunge quello della scienza. La questione, resa ancora più ardua e delicata dal valore commerciale dei singoli dipinti, e non potendo rimettersi alla “parola” dell’artista, che non era solito firmarsi, trova in effetti una rassicurante stella polare con cui orientarsi nel mare magnum della letteratura e della cronaca caravaggesche in quelli che sono i tre capisaldi della connoisseurship caravaggesca, cioè dell’autenticazione di un “Caravaggio”: innanzitutto il giudizio stilistico, che a sua volta comprende i confronti morfologici e lo studio dell’agire pittorico a livello macroscopico (ciò che nella scrittura corrisponderebbe a una perizia calligrafica); in seconda battuta la ricerca storica, che colleziona e raffronta le testimonianze antiche sull’opera, valutandone inoltre gli incartamenti di accompagnamento (quelle che potrebbero essere definite le sue credenziali scritte); e infine le ricognizioni diagnostiche, cioè gli esiti delle indagini radiografiche, riflettografiche e chimiche che, spesso nell’ambito di un restauro, possono a livello scientifico indicare o meno la compatibilità del manufatto con l’esclusivo modus operandi del Lombardo (una sorta di prova del DNA).

Tali fondamenti, che per esigenze di marketing linguistico, potrebbero essere icasticamente espressi come le “tre P” dell’expertise caravaggesca (Perizia, Pedigree e Prove), possono essere considerati disgiuntamente ma sempre di più saranno da valutare congiuntamente.

Questo scottante argomento viene illustrato attraverso dei casi che hanno tenuto banco negli ultimi tempi, a cominciare dai quadri dalla nuova iconografia attribuiti da una parte più o meno consistente della critica, come l’Ecce Homo di collezione madrilena di cui tanto hanno parlato nella prima metà del 2021 i mezzi di informazione, l’altra versione dello stesso soggetto (Cittadella, raccolta privata), il San Gerolamo penitente (collezione privata) cosiddetto “Mastrillo” (il committente napoletano), e la Giuditta e Oloferne rinvenuta a Tolosa e oggi in collezione newyorkese.

Ma attualissima e altrettanto spinosa è la questione dei cosiddetti “doppi”, con la promozione ad autografo da parte degli studiosi di dipinti che “replicano” quadri già autenticati dalla critica: l’Incredulità di san Tommaso, dove una tela di collezione privata svizzera, già in raccolta Massimo a Roma, si presenta come la versione, fatta dal maestro per i Mattei, del capolavoro un tempo dei Giustiniani e ora al museo di Potsdam-Berlino; il San Francesco in meditazione, dove la tela già in raccolta Cecconi potrebbe essere il prototipo di quella, originale, di Carpineto Romano e di quella, forse lavoro di collaborazione, della Chiesa dei Cappuccini di Roma; il Ragazzo morso da un ramarro, dove un quadro di collezione romana è stato ultimamente affiancato ai quadri autografi della National Gallery di Londra e della Fondazione Longhi di Firenze.

Senza contare da un lato il clamoroso ritrovamento della Maddalena in estasi (già Perugia, conti Pacelli), opera che tra l’altro potrebbe avere il proprio “doppio” nella versione già Klain o in un’altra in raccolta elvetica, e, dall’altro, l’identificazione dell’esemplare “giusto” del Ragazzo che pela un frutto tra i tanti candidati in circolazione: collezione privata romana, Dickinson Group di Londra, raccolte reali inglesi, collezione svizzera (già Sabin a Londra e Ishizuka a Tokyo).