I RELATORI

sono tra i principali studiosi del Merisi, provenienti da ogni parte del mondo, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’Olanda, da Israele, dal Canada e dalla Colombia a dimostrazione della caratura internazionale dell’iniziativa e dall’enorme interesse che Caravaggio continua a suscitare.

 

PUPILLO MARCO curatore del Museo Napoleonico Roma

È curatore del Museo Napoleonico di Roma.  Laureato alla Sapienza in “Storia dell’arte moderna” con Maurizio Calvesi, ha poi conseguito il dottorato di ricerca in “Storia e critica dei beni artistici e ambientali” (VIII ciclo) presso l’Università di Milano (1996) e ottenuto una borsa di studio post-dottorato presso l’Università di Padova (1998/2000). Dal 2002 lavora presso la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Si è occupato di artisti e committenti a Roma e in Veneto tra Cinque e Seicento (Caravaggio, famiglie Crescenzi e Gualdo, confraternita della SS. Trinità dei Pellegrini, ecc.), nonché i rapporti tra arte, critica e società a Roma nel primo Ottocento (Canova, Guattani, Camuccini, Camporese ecc.)  Ha pubblicato una monografia (2001) e oltre cinquanta saggi su riviste scientifiche, atti di convegni, volumi miscellanei ecc.; ha curato due mostre sulla Repubblica Romana del 1798/99 (2015) e su Roma in epoca napoleonica (2019).

Gli zingari di Caravaggio: modelli letterari e realtà sociale

3. GIORNATA: SESSIONE MATTUTINA: Cultura e committenza – venerdì 21 gennaio 2022 ore 10:00-13:00

ABSTRACT

Come succede anche nella gran parte delle altre sue composizioni, con le due versioni della Buona Ventura (Pinacoteca Capitolina e Louvre) Michelangelo da Caravaggio realizza un’immagine del tutto inedita, dando avvio a un nuovo filone iconografico, destinato a una larga fortuna tra seguaci e imitatori lungo la prima metà del sec. XVII.

Il critico classicista Giovan Pietro Bellori (1672) riserva particolare attenzione al dipinto, facendone una sorta di banco di prova della volontà del pittore di non rifarsi ad alcuno dei modelli dell’arte del passato ma alla sola natura. Nel racconto di Bellori Caravaggio “chiamò una zingana che passava a caso per istrada, e condottala in albergo la ritrasse […] tradusse Michele sì puramente il vero che viene a confermare i suoi detti”. La critica novecentesca ha progressivamente respinto la lettura dell’immagine come quella di una semplice tranche de vie romana, sottolineando gli intenti didascalici e moraleggianti della composizione. In particolare essa è stata messa in relazione con la diffusione dello zingaro come personaggio stereotipo nella letteratura del tempo, segnatamente nella commedia dell’arte e nella letteratura cosiddetta di “furfanteria”, dove la presenza del popolo rom è accostata al tema del del raggiro e della seduzione. Nessuno dei testi considerati (composizioni poetiche, testi teatrali, “zingaresche”), tuttavia, precede l’invenzione caravaggesca, né si trovano corrispondenze puntuali con l’immagine creata da Michelangelo Merisi. Si è inoltre ipotizzato che il pittore non abbia preso a modello una zingara ma la sua raffigurazione scenica, ossia chi la impersona sul palco.

Il contributo proposto intende riesaminare questa linea interpretativa, scegliendo un differente angolo visuale. La composizione caravaggesca non è più qui messa in relazione unicamente con l’imagerie seicentesca, figurativa e letteraria, ma con i dati storici sul vissuto e le dinamiche sociali della contrastata presenza dei rom nell’Urbe negli anni a cavallo tra Cinque e Seicento. Alla luce di questi contesti la ricerca rilegge la novità dell’immagine, i suoi intendimenti e il suo possibile significato.