I RELATORI

sono tra i principali studiosi del Merisi, provenienti da ogni parte del mondo, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’Olanda, da Israele, dal Canada e dalla Colombia a dimostrazione della caratura internazionale dell’iniziativa e dall’enorme interesse che Caravaggio continua a suscitare.

DOLZ MICHELE Pontificia Università della Santa Croce, Roma

Nato a Castellón, Spagna, vive in Italia dal 1976. È docente di Storia dell’Arte Cristiana presso la Pontificia Università della Santa Croce (Roma) e autore di numerose pubblicazioni sul rapporto arte e spiritualità, tra cui gli studi sull’influenza della devotio moderna nell’opera degli artisti veneziani e milanesi di fine Quattrocento.

L’ambiente spirituale e religioso nella Milano borromaica ai tempi del giovane Caravaggio:

4. GIORNATA: SESSIONE POMERIDIANA: Ricerche e documenti -mercoledì 26 gennaio 2022 ore 15:00-19:00

ABSTRACT

Quando Michelangelo Merisi iniziò l’apprendistato nella bottega del Peterzano a Milano, il vescovo Carlo Borromeo era morto da due anni e la sua opera riformatrice era ben radicata nella città e nella diocesi. Si respirava l’aria severe e devota che il santo vescovo aveva portato dopo quasi un secolo di abbandono.
Il Concilio di Trento, conclusosi nel 1564 e di cui egli stesso era stato principale protagonista, impose ai vescovi di insegnare «che attraverso la storia dei misteri della nostra redenzione, espressa con le pitture e con altre immagini, il popolo viene istruito e confermato nel ricordare gli articoli di fede e nella loro assidua meditazione», che «nei santi sono posti sotto gli occhi dei fedeli le meraviglie e gli esempi salutari di Dio, così che ne ringrazino Dio, cerchino di regolare la loro vita e i loro costumi secondo l’imitazione dei santi, siano spinti ad adorare ed amare Dio e ad esercitare la pietà». Il vescovo aveva poi l’obbligo di sancire ed eliminare ogni abuso e di impedire pratiche superstiziose.
Il Borromeo giunse a Milano determinato a mettere in pratica il decreto tridentino. Nel 1577 pubblicò le Instructionum fabbricae et supellectilis ecclesiasticae, testo normativo sulle chiese e tutto ciò che in esse si conserva ed espone. Riguardo alle immagini, le voleva rappresentate «pie religioseque» e scendeva nei particolari: per esempio, non dovevano raffigurare le sembianze di persone note, la postura e l’abbigliamento dovevano essere conformi alla dignità e santità del modello, dovevano rispondere alla verità storica, ecc. Si delinea così uno stile chiaro, sobrio, devoto. Una sorta di modello ideale è il Sacro Monte di Varallo, rifugio spirituale dello stesso san Carlo. Il suo collaboratore e biografo Carlo Bascapé narra le visite del cardinale a quel complesso «per meditare nuovamente mentre percorreva le cappelle della passione costruite in quel luogo, sulla dolorosa immagine del Signore raffigurato con le sue piaghe e tutte le sofferenze nella Santa Sindone. Lì nutrì il suo spirito con la contemplazione delle divine verità, mentre sosteneva il corpo soltanto con pane e acqua; inoltre trascorse tutta la notte in una delle molte cappelle disseminate lungo il monte, vegliando in preghiera». Testi come questo danno ragione dello stile che si impose a Milano e in tutta la Lombardia negli ultimi quarant’anni del Cinquecento.
Il rigore realista borromaico incontrò in felice sintesi le nuove correnti pittoriche fatte di naturalismo e luminismo, Savoldo a capo. Era uscita di scena la generazione dei leonardeschi. In Simone Peterzano si trovano queste caratteristiche, specialmente negli affreschi di San Martino. Ma era arrivato a Milano un Gaudenzio Ferrari maturo che amava i forti effetti chiaroscurali. Altrettanto si dica di alcuni di certe opere dei Campi, della luce artificiale filtrata nell’Orazione nell’orto di Giovan Paolo Lomazzo a San Carlo al Corso o del San Matteo e l’angelo della chiesa di San Raffaele, nel quale molti hanno visto un’ispirazione per la Cappella Contarelli a Roma. Il cantiere di Santa Maria dei Miracoli a Milano è la migliore testimonianza di questo nuovo spirito. Lì troviamo, per esempio, la Conversione di San Paolo, del Moretto, in cui tutto lo spazio è occupato soltanto dal cavallo e da Paolo caduto a terra, che ben ricordano per l’evidenza dell’immagine, la tela simile di Caravaggio a Santa Maria del Popolo.
In questo contesto, si studiano le fonti della spiritualità «diffusa» nella Milano della giovinezza di Caravaggio, dal 1586 al 1592 circa, la spiritualità che diede origine alle opere citate.