I RELATORI

sono tra i principali studiosi del Merisi, provenienti da ogni parte del mondo, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’Olanda, da Israele, dal Canada e dalla Colombia a dimostrazione della caratura internazionale dell’iniziativa e dall’enorme interesse che Caravaggio continua a suscitare.

 FABRIS DINKO Università della Basilicata, Matera-Potenza

Musicologo, insegna all’Università della Basilicata a Matera ed è external supervisor nei corsi dottorali DocArtes dell’Università di Leiden. 
E’ stato il primo italiano presidente dell’International Musicological Society. Dal 2020 dirige anche il Dipartimento di ricerca editoria e comunicazione del Teatro di San Carlo a Napoli. Membro di diversi comitati scientifici, tra cui quelli delle edizioni di Cavalli e Gesualdo (Bärenreiter), è stato nominato “Grande Esperto” Afam in seno all’ANVUR. Tra le sue pubblicazioni, in gran parte dedicate alla musica antica napoletana, alle antiche notazioni e all’iconografia musicale (compresi 4 studi di ambito caravaggesco), il volume in inglese Music in seventeenth-century Naples (rist. Routledge 2016) e Partenope da Sirena a Regina. Il mito musicale di Napoli (Cafagna 2016). 

Il punto sui quadri musicali di Caravaggio

5. GIORNATA: SESSIONE POMERIDIANA: Variazioni sul tema – venerdì 28 gennaio 2022 ore 15:00 – 19:00

ABSTRACT

Nonostante la loro fama già al tempo di Merisi e l’importanza attribuita dagli studiosi negli ultimi settanta anni ai quattro quadri di Caravaggio basati su scene musicali (contando per uno le versioni plurime del suonatore di liuto), fino a tempi relativamente recenti non era mai stata approfondita l’indagine sugli elementi tecnici musicali ed organologici, fondamentali per una più accurata analisi dei possibili significati di quelle scene, tuttora non chiariti. Soltanto negli anni ’80 del Novecento, in due studi condotti parallelamente ma all’insaputa uno dell’altro da Franca Trincheri Camiz e Agostino Ziino (1983) e H. Colin Slim (1985) sono stati riconosciuti alcuni dei brani musicali riprodotti nelle varie scene (una nuova proposta di identificazione delle musiche del Concerto si deve a D’Alessandro) e si è proposta l’identificazione del famoso suonatore di liuto come un castrato in atto di cantare con la bocca socchiusa. Nei decenni successivi l’attenzione degli studiosi si è incentrata sui significati allegorici ma anche su vari interpretazioni realistiche dei soggetti musicali. Quando nel Convegno di Milano del 2010 su La musica al tempo di Caravaggio esposi per la prima volta il mio punto di vista di musicologo e di musicista mi resi conto che occorreva spiegare e documentare impressioni che per noi specialisti sembrano ovvie. Gli strumenti musicali basilari che compaiono in tutti e quattro i quadri musicali di Caravaggio sono sempre gli stessi: un violino arcaico e un liuto altrettanto fuori moda, entrambi perlopiù insuonabili. Anche le pagine musicali riprodotte si riferiscono per la quasi totalità ad autori vissuti nei primi decenni del Cinquecento: un brano sacro probabilmente stampato a Roma nel 1526 e madrigali tratti dal Primo libro di Arcadelt (1539). Sembra evidente che le scene rappresentate da Caravaggio non fossero affatto rappresentazioni realistiche di esecuzioni musicali del proprio tempo, basate sulla prassi esecutiva per voce sola e basso continuo del nuovo stile recitativo intorno al 1600, bensì esecuzioni impossibili di musiche di un passato aureo, rimpianto e ormai perduto per sempre, vero soggetto di quelle scene evocato anche dagli abiti dei ragazzi “all’antica”. Inoltre, come potevano quei quattro quadri con gli stessi strumenti e in parte gli stessi esecutori, essere stati dipinti per committenti diversi nell’arco di dodici anni, quanti si contavano nelle cronologie anteriori al 2010? Proposi dunque che tutti i soggetti musicali conosciuti di Caravaggio fossero stati realizzati nel giro di pochi anni e per uno stesso circolo di mecenati, impegnati in una sorta di “gioco di committenze” sullo stesso tema musicale: il circolo intorno al cardinal Del Monte negli ultimissimi anni del Cinquecento. Una mostra all’Archivio di Stato di Roma, allestita nello stesso periodo, sembrò provare che Caravaggio sia arrivato a Roma molto più tardi di quel che si pensava, proprio negli ultimi anni del secolo. Altri studi organologici intanto confermarono le mie prime impressioni e lo studio di una terza versione del suonatore di liuto (che si è aggiunta in collezione privata a Londra alle due note a San Pietroburgo e a New York) mi ha convinto a proseguire nell’esplorazione dei significati nascosti della “musica impossibile” dipinta da Caravaggio a Roma negli ultimi anni del Cinquecento. Da questa base cercherò di fare il punto sulle conoscenze attuali e sulle prospettive di ricerca.