I RELATORI

sono tra i principali studiosi del Merisi, provenienti da ogni parte del mondo, oltre che dall’Italia, anche dalla Spagna, dalla Svizzera, dalla Germania, dall’Inghilterra, dall’Olanda, da Israele, dal Canada e dalla Colombia a dimostrazione della caratura internazionale dell’iniziativa e dall’enorme interesse che Caravaggio continua a suscitare.

    AGUS LUIGI  Accademia di Belle Arti di Palermo
Professore di storia dell’arte, prima presso l’ISSR Euromediterraneo della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna e dell’Accademia di Belle Arti di Sassari, è attualmente in ruolo presso quella di Palermo, nonché accademico corrispondente della Real Academia di Cordoba. È autore di oltre cento pubblicazioni, tra cui diverse monografie, ha partecipato a convegni e congressi internazionali, proponendo inediti studi sia sull’arte sarda che su quella siciliana.

Tracce del naturalismo seicentesco in Sardegna

5. GIORNATA: SESSIONE MATTUTINA: Itinerari diversi – venerdì 28 gennaio 2022 ore 10:00 – 13:00

ABSTRACT

Caravaggio non ebbe mai alcun rapporto con la Sardegna, né lo ebbero quei “molti giovani” che ne seguirono l’esempio dedicandosi “ad imitare dal naturale” e “solamente del colorito appagansi” (Baglione), così come sono poche le opere riconducibili a quella temperie culturale del primo Seicento di cui il maestro lombardo fu personaggio di primissimo piano. Utilizzare quindi per l’Isola il termine “caravaggismo” risulterebbe improprio, mentre più consono sarebbe sostituirlo con “naturalismo”, posto anche che alcuni soggetti e alcuni espedienti tecnici hanno origini ben più remote rispetto all’artista lombardo e fanno parte di un lento processo di osservazione della realtà, che rimonta almeno al XIII secolo, passa per i fiamminghi e tocca la Penisola in modo significativo nel ‘500, soprattutto Emilia, Lombardia e Veneto: ambienti in cui lo stesso Caravaggio si formò.

Una definizione che più che identificare chi usava “colorire dal naturale” (Bellori), andrebbe estesa a quel filone di ricerca artistica interessata a stimolare umori e sentimenti individuali. Aspetti esaltati dal Concilio di Trento, i cui teorici, come Paleotti, invitavano a realizzare opere per “movere gli animi de’ riguardanti”. In tal modo un numero crescente di artisti, dal tardo ‘500 in poi, si interessarono agli effetti di luce rifiutando ogni forma di idealizzazione, restando affascinati dagli esiti straordinari raggiunti da Caravaggio.

Per quanto riguarda la Sardegna, entro tale filone, si possono annoverare una serie di opere d’importazione o locali, talvolta di notevole qualità, come il Cristo alla colonna (Cagliari, cattedrale), già assegnato a Reni e Tiarini, o le due Crocifissioni di Orazio de Ferrari (Cagliari, Quartu S. Elena) o per alcune più deboli tele della Pinacoteca di Ploaghe e della cattedrale di Alghero, per cui si proporrà una derivazione, in toto o in parte, da incisioni, che testimoniano come, sia la produzione dei grandi maestri, sia dei minori fosse debitrice di iconografie standardizzate d’ambito riformato, trasposte con accenti drammatici e realistici per renderle più “naturali”.

Altrettanto drammatiche e intense sono alcune tele custodite a Cagliari e Sassari, come il Cristo flagellato di Sant’Eulalia, che pur non derivando direttamente noti prototipi, si inseriscono nel novero delle immagini seriali riformate elaborate nelle botteghe italiane o spagnole. Interesse che pare confermato da diverse opere importate di qualità come il Sant’Onofrio del Fracanzano (Mores, parrocchiale), il Martirio di San Gavino di Gregorio e Mattia Preti (Sassari, chiesa delle Cappuccine) o ancora il San Girolamo e i SS. Brunone e Raimondo Peñafort della Pinacoteca di Cagliari e la Santa Rosalia, della cattedrale di Sassari, per cui verranno proposte inedite precise assegnazioni. Sempre d’importazione ed elevata qualità sono le tele del San Sebastiano curato da Sant’Irene e del Martirio S. Lorenzo (entrambe a Cagliari) di Orazio de Ferrari, utilizzate quali prototipi o motivi d’ispirazione per altre repliche, anche di diverso ambito, come si argomenterà attraverso inediti raffronti.

Altrettanto interessanti sono infine una serie di tele a “lume di notte” tra cui spicca un gruppo di tre opere, custodite nella cattedrale di Cagliari, raffiguranti Gesù davanti ad Anna, Maria Maddalena e Sant’Agata curata da San Pietro, a cui si aggiungeva un perduto, ma documentato, Cristo al Pretorio. Si tratta di un piccolo corpus, mai considerato nel suo complesso, perfettamente coerente che verrà analizzato partendo dalla Sant’Agata, di cui sono state rintracciate altre cinque repliche tutte di mani differenti, già ricondotte in parte al Rustichino, ma che invece paiono derivare da un perduto prototipo di cui si ricostruirà filologicamente l’origine, arrivando anche a proporre una datazione e una paternità precisa. Analisi che porterà a ricostruire le circostanze in cui maturò la committenza delle tele cagliaritane, che rappresentano un esempio, seppur di secondo piano, della diffusione del naturalismo honthorstiano nell’isola.